La cistifellea è un organo che fa parte delle vie biliari, il sistema di canalizzazione della bile prodotta dal fegato e veicolata nel duodeno, la prima parte dell’intestino tenue, dove le vie biliari sboccano insieme al dotto pancreatico. La cistifellea può essere assimilata ad una pera appesa al ramo (il coledoco) attraverso un picciolo, il dotto cistico. Quando del cibo contenente grassi entra nel duodeno, la cistifellea si contrae svuotandosi e immettendo la bile di riserva nella via biliare e quindi nel duodeno. La bile contiene un derivato del colesterolo, la colesterina. Questa rimane in sospensione nella bile grazie all’azione dei sali biliari, prodotti anch’essi dal fegato e contenuti nelle bile. Quando la composizione dei sali biliari è alterata o quando la bile contiene troppa colesterina, questa precipita sotto forma di cristalli producendo pietruzze nerastre, i calcoli. Le dimensioni dei calcoli della cistifellea possono raggiungere anche i tre, quattro centimetri oppure possono rimanere di pochi millimetri ma con incremento di numero sino ad alcune decine. I calcoli possono rimanere asintomatici per anni, senza cioè dare disturbi. Spesso sono un riscontro occasionale nel corso di un’ecografia effettuata per altri motivi. In altri casi possono determinare coliche, dolori localizzati alla bocca dello stomaco o nella parte alta di destra dell’addome con irradiazione posteriore alla punta della scapola, associati o meno a nausea e vomito. La colica è causata dal tentativo della cistifellea di espellere la bile, contrastato da uno o più calcoli che fungono da “tappo” nel dotto cistico. La contrazione spastica della cistifellea genera il dolore. Qualora i calcoli riuscissero a passare nella via biliare, potrebbero fermarsi nella valvola che regola il passaggio della bile e del succo pancreatico nel duodeno. Ne deriva l’ittero, una colorazione giallastra della pelle dovuta al passaggio della bile nel sangue. Se anche il succo pancreatico ristagna, si genera una complicazione temibile, la pancreatite. Se invece i calcoli non riescono a passare nella via biliare, la bile contenuta nella cistifellea può infettarsi dando origine ad una colecistite, infezione dell’organo, che può riempirsi di pus(empiema). In rari casi, soprattutto negli anziani, la cistifellea può perforarsi provocando una peritonite biliare. Ebbene, a questo punto ci si chiede: quando operare e come?
Si è quasi d’accordo in modo unanime che i calcoli asintomatici, di dimensioni superiori al cm, che non possono passare nel coledoco, non pongono indicazioni chirurgiche. Va anche detto che nel 20% dei casi, nel giro di 10-20 anni, questi calcoli possono diventare sintomatici. Tentativi di dissoluzione dei calcoli possono essere effettuate con farmaci a base di acido ursodesossicolico. Si pone indicazione chirurgica in presenza di coliche, quando si sono verificate complicanze come la colecistite, l’empiema o la pancreatite. La presenza di calcificazioni della parete della colecisti pone anch’essa indicazione chirurgica per il rischio di trasformazione in cancro.
Da circa 25 anni l’intervento di colecistectomia è effettuato con tecnica laparoscopica., attraverso piccole incisioni da cui vengono fatti passare gli strumenti che consentono di asportare la cistifellea. Il decorso post operatorio è rapido, la dimissione avviene entro 24-48 ore e la ripresa delle proprie attività entro una settimana. Non è invece indicata la sola asportazione dei calcoli che si formerebbero di nuovo entro uno, due anni. In mani esperte la possibilità di trasformare un intervento miniinvasivo in uno tradizionale, con il taglio, è ormai ridotta a meno dell’1% dei casi.
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