Il sistema della rete di emergenza, dai pronto soccorso alle rianimazioni, è in emergenza specie nelle regioni del Centro-Sud. Dopo i tragici eventi di Catania, leggiamo di un decesso avvenuto in barella al Pronto soccorso del Cardarelli. Parliamo quindi di due grosse città del Sud, non di piccole realtà periferiche. Non possono esistere 21 sistemi sanitari diversi l’uno dall’altro e con così elevato un gap di qualità tra Nord e Sud…e poi …..Sette ore al pronto soccorso prima di essere curata ……Nelle sette ore d’attesa, fa sapere poi l’associazione dei consumatori, attorno alla donna “accade di tutto”: un’anziana “stremata dall’attesa” che “sviene e deve essere aiutata dagli altri pazienti” …..
Da Panorama Medico- DottNet
Non entriamo nella polemica ma cerchiamo di analizzare i fatti: frattura di femore, intervento chirurgico, degenza postoperatoria in barella, morte del paziente.
È noto che dopo interventi chirurgici ortopedici il paziente è esposto a rischio di trombosi venosa profonda, la cui conseguenza più temibile è l’embolia polmonare, evento drammatico, improvviso, spesso mortale. L’embolia polmonare è l’ostruzione acuta di uno o più rami dell’arteria polmonare da parte di coaguli trasportati in circolo dai grossi vasi venosi che portano il sangue al cuore, viene anche definita tromboembolia polmonare (TEP). Più il coagulo-trombo è grosso più il ”tappo“ che si forma nell’arteria polmonare è ostruente, fino a bloccare totalmente la circolazione nella parte destra del cuore con conseguente morte immediata.
Proprio per prevenire questa complicanza si sono sviluppati protocolli specifici di terapia anticoagulante, che contrastano la formazione di coaguli – trombi.
Indubbiamente questa precauzione è efficace ma purtroppo non elimina totalmente il rischio di embolia. Altri fattori possono entrare in gioco, la predisposizione individuale, l’immobilità, la disidratazione con conseguente aumento di densità del sangue. E’ facilmente intuibile che tenere un paziente dopo un recente intervento chirurgico su una barella in corsia, invece che in un letto di reparto con l’assistenza più costante e attenta, espone più facilmente alle condizioni favorenti sopracitate della trombosi.
Probabilmente è ciò che è successo a Napoli, ed ogni sforzo organizzativo deve essere attuato perché episodi simili non si debbano più ripetere e ogni paziente possa ricevere un’assistenza adeguata.