“…ma a me non è consentito vivere, soffrendo così spesso di vertigini, che in una posizione di quarto, quinto rango…” così scriveva Van Gogh dall’ospedale psichiatrico di Saint-Rémy il 10 settembre 1889.
In effetti, la sindrome vertiginosa è una delle patologie acute che più allarmano il paziente e, quando nel tempo si ripete, può generare una situazione di stress cronico che porta a limitare i movimenti, a non uscire di casa, a ridurre i contatti sociali.
Si dice sindrome vertiginosa perché presenta una pluralità di fenomeni: visione rotatoria del mondo circostante, nausea, vomito, deviazione del corpo verso una lato.
Si stima che circa il 20% della popolazione abbia sofferto o soffra di sindrome vertiginosa e questo dato è in aumento negli ultimi dieci anni.
Le forme di vertigine
La sindrome vertiginosa ha svariate cause e si suddivide in alcuni sottogruppi: la vertigine parossistica posizionale, la neuronite vestibolare, la malattia di Ménière, eccetera.
I tre gruppi citati coprono il 90% delle sindromi vertiginose e quindi è solo di questi che ci occuperemo di seguito.
La vertigine parossistica posizionale (VPP)
Fra le tre sindromi vertiginose, la più presente, che copre da sola circa il 70% di tutte le sindromi vertiginose, è la vertigine parossistica posizionale.
Tipicamente, essa si presenta nelle ore notturne quando il paziente si gira nel letto o si alza. Il primo pensiero molte volte è quello di non avere digerito il pasto serale. Tutte le età sono colpite.
Cosa provoca la vertigine
La vertigine viene provocata da uno spostamento di otoliti (i nostri sensori dell’equilibrio) da una zona del labirinto (macula dell’utricolo), destinata a segnalare i movimenti acceleratori, ad un’altra zona del labirinto (canali semicircolari) destinati a segnalare i movimenti rotatori.
Questa situazione crea un conflitto sensoriale che genera la percezione di rotazione sul piano orizzontale o verticale in base al canale semicircolare interessato.
Le cause
Le cause non sono ancora state completamente accertate ma per certo si sa che il 50% dei pazienti manifesta dei fenomeni degenerativi del recettore causati da stress ossidativo per diminuzione dell’irrorazione vascolare da ipoafflusso di sangue dall’arteria vertebrale.
Nel 25% di casi ha origine da traumi cranici, del rachide cervicale o da vibrazione del trapano del dentista.
Le manovre diagnostiche e terapeutiche
La diagnosi si basa soprattutto sulla sintomatologia associata al riscontro di segni vestibolari che vengono ottenuti con la manovra diagnostica di Semont (https://youtu.be/cTbqMUx3iwU).
Tale manovra ci permette di stimolare il recettore del canale semicircolare posteriore ed ottenere una risposta nistagmica cui si fa seguire la manovra liberatoria per permettere all’otolita di uscire dal canale interessato (https://www.youtube.com/watch?v=kS-fWkrURrE).
Per quanto concerne il canale semicircolare laterale si utilizza un’altra manovra diagnostica (https://www.youtube.com/watch?v=wdt9KWBiL80) e liberatoria detta a “barbecue” (https://www.youtube.com/watch?v=G7Swx7kJET0).
In questo modo il paziente viene liberato dall’attacco acuto ma non dalla malattia che è da considerarsi cronica.
Come evitare le recidive
A volte nel tempo può ripresentarsi il problema. Per evitare il più possibile le recidive abbiamo trovato utili due tipi di trattamento. Il primo è la riabilitazione vestibolare sec. Brandt Daroff (https://www.youtube.com/watch?v=N2a2x72yhkQ) che permette al labirinto di essere sempre stimolato evitando gli accumuli di otoliti nei canali semicircolari.
La seconda è una terapia costante sul rachide cervicale soprattutto di tipo osteopatico. I farmaci a lunga durata servono poco.
Presso l’Ospedale di Saronno è attivo un ambulatorio di terapia fisica della vertigine parossistica posizionale.
La neuronite vestibolare
La seconda vertigine più diffusa è chiamata neuronite vestibolare.
E’ la perdita improvvisa della funzione vestibolare monolaterale periferica, che si manifesta con un violento episodio di vertigine rotatoria accompagnato da importante sintomatologia neurovegetativa (nausea e vomito), senza segni di compromissione uditiva né segni neurologici.
Ha un’incidenza di 3 casi su 100.000 abitanti/anno con età compresa fra i 30 ed i 60 anni. Può essere causata da un’infezione virale (forma epidemica durante crisi influenzali), da una patologia vascolare ischemica del microcircolo vestibolare, da una patologia autoimmunitaria.
I segni premonitori e le caratteristiche
Alcuni pazienti riferiscono di aver percepito, nei giorno precedenti l’attacco acuto, un vago malessere, instabilità motoria e, a volte, la sensazione di esordio di una patologia influenzale.
La vertigine si presenta improvvisa e tende ad aumentare progressivamente esacerbata dai movimenti del capo. Può durare da 24 a 72 ore. Il paziente presenta un movimento ritmico degli occhi chiamato nistagmo e non è in grado di mantenere la stazione eretta. Generalmente è sdraiato su un fianco (quello sano) e mantiene gli occhi chiusi.
Trattamento della neuronite vestibolare
Questa patologia è di difficile trattamento al domicilio in quanto il paziente non riesce ad alimentarsi e neppure ad assumere liquidi. E’ preferibile l’ospedalizzazione.
In genere, dopo una settimana il paziente è già tornato alle sue attività, ma permane un disequilibrio che ogni tanto si ripropone. Molti di questi pazienti a distanza di tempo presentano una vertigine parossistica posizionale.
La malattia di Ménière
Purtroppo per molti anni, ed ancora oggi, qualsiasi sindrome vertiginosa viene a torto definita come malattia di Ménière. Questo errore è di difficile correzione. L’incidenza infatti è di solo 80 casi su 1.000.000 di abitanti/anno.
La malattia di Ménière deve avere le seguenti caratteristiche ben definite dall’American Medical Association: “malattia dell’orecchio interno membranoso caratterizzata da ipoacusia, vertigine ed acufeni causata da distensione idropica del sistema endolinfatico”.
Se non sussistono i tre sintomi principali non può essere definita come Malattia di Ménière.
Come nasce la malattia
L’idrope del sistema linfatico è un accumulo di liquidi all’interno del labirinto che causa una sua abnorme distensione provocando la sintomatologia. La prima descrizione della malattia risale al 1861, ma fino ad oggi la causa precisa non è ancora stata trovata.
La sintomatologia
La malattia esordisce con ipoacusia fluttuante generalmente monolaterale e progressiva nel tempo. La vertigine è episodica ed ha durata variabile da pochi minuti a 24 ore. Viene accompagnata generalmente da nausea a vomito. Gli acufeni (sensazione di suono persistente nell’orecchio con ipoacusia) possono accompagnare la crisi vertiginosa, a volte precederla oppure diventare stabilmente presenti nel tempo.
La terapia
La terapia più accreditata è basata sull’uso di un regime dietetico povero di sodio e ricco di acqua a basso contenuto di sodio (dieta iposodica ed iperidrica) associata a svariati farmaci che vanno prescritti dallo specialista e che possono differenziarsi da paziente a paziente.
Quando la terapia medica non ha più effetto, le vertigini sono frequenti e l’udito del lato interessato è molto compromesso si propone al paziente una terapia che prevede l’iniezione di gentamicina intratimpanica a cicli. Viene utilizzato questo antibiotico ototossico per distruggere chimicamente il recettore labirintico. Da cinque anni presso l’Ospedale di Saronno utilizziamo questa tecnica curativa con ottimi risultati.