La calcolosi della colecisti, detta anche cistifellea, rappresenta una vera e propria malattia, caratterizzata dalla presenza di calcoli all’interno di quella specie di sacchetto posto sotto al fegato con lo scopo di fungere da serbatoio della bile, appunto la colecisti. Si tratta di una patologia che riguarda il 10-20% della popolazione, con una prevalenza più che doppia, quasi tripla, nelle donne rispetto agli uomini, tendente in ambo i sessi a crescere con l’età. I calcoli, comunemente descritti come piccole pietre, sono nella stragrande maggioranza dei casi (circa 8 su 10) costituiti di colesterolo, con una “minoranza” composta invece di bilirubina, in pazienti affetti da diverse patologie del sangue, cirrosi epatica o anche per cause sconosciute. I fattori di rischio sono molteplici, legati innanzitutto all’ereditarietà e alla razza. Ad esempio, vi è una incidenza molto alta negli indiani americani e una quasi totale assenza negli africani Masai; se un parente di primo grado ne soffre o ne ha sofferto, la probabilità di soffrirne raddoppia.
Come accennato in precedenza, le donne sono più sensibili, tanto più quante sono le gravidanze nella loro vita. Il sovrappeso e un’alimentazione ricca di colesterolo e scarsa di fibre sono grossi fattori di rischio, così come problemi di diabete e anomalie del metabolismo. La calcolosi può essere asintomatica, ma può provocare improvvisamente una colica biliare che chi l’ha provata sa quanto possa essere dolorosa. Un dolore acuto di pochi minuti o di alcune ore, sottoforma di crampi, che spesso coinvolge il dorso, la spalla destra e può essere accompagnato da nausea e/o vomito ed eruttazioni. La calcolosi della colecisti può sfociare alla lunga in condizioni particolarmente gravi, motivo per cui è fondamentale giungere a una diagnosi precoce attraverso esami ematici ed ecografici in prima battuta, se necessario con colangio-risonanza e TAC addominale.
L’intervento chirurgico è l’unica soluzione e consiste nell’asportazione della colecisti mediante colecistectomia a cielo aperto o in video laparoscopia. Nessuna calcolosi, infatti, resterà asintomatica in eterno, inoltre potrà diventare cronica e, seppur in una minima quantità di casi, evolvere in cancro. La tecnica video laparoscopica è altamente mininvasiva, sono sufficienti 3-4 fori di diametro inferiore a un centimetro per introdurre il laparoscopio e gli altri strumenti chirurgici. E’ comunque eseguita in anestesia generale, con un ricovero di 48 ore, seguito da un trattamento antibiotico, ma le cicatrici saranno poco evidenti e la ripresa della vita quotidiana molto più rapida. Non ci sono particolari controindicazioni a tale intervento, se non valutazioni legate all’anestesia in alcuni pazienti con insufficienza respiratoria o cardiaca, così come avviene per tutti gli interventi chirurgici in anestesia generale, o in pazienti obesi.